da Le smanie per la villeggiatura di Goldoni
S-manìe
regia e adattamento del testo: Elena De Carolis
con: Carolina Cangini, Elena De Carolis
musiche a cura di Irene Elena
disegno luci: Max Mugnai
costumi: Filiberto Piva
voci: Irma Ridolfini, Michele Zaccaria
Produzione AgaveTeatro, in collaborazione con Armunia/Festival Inequilibrio con il sostegno di Teatro Mariani
Perché Goldoni? Perché le smanie per la villeggiatura oggi? Affrontare Goldoni può apparire un’operazione priva di contemporaneità, per il linguaggio, per l’immaginario arcaico che evoca, i colori, i vestiti. Oltrepassata la foschia di un tempo passato, appaiono tematiche più che mai attuali, un oggi così vicino, una contemporaneità dirompente, la sensazione che non bastano due secoli a lavare la storia, che certi aspetti dell’uomo rimangono, uguali a se stessi. Cambiano i costumi, le mode, le abitudini,il contesto, ma qualcosa rimane, soprattutto le manìe. Goldoni propone storie assolutamente possibili, vicine, uomini che hanno bisogno di presentarsi con un sé convenzionale, di apparire con canoni imposti da una società borghese che ha bisogno di trovare modelli di riferimento per autodefinirsi. L’ossessione per l’apparire, per quello che dice la gente, il condizionamento sociale, il voler apparire in società, essere come si pensa che gli altri ci pensino. Il condizionamento sui gusti e sulle scelte, la difficoltà di fare scelte proprie, anche controcorrente. La bulimia del possedere, il più possibile, fino ad arrivare alla rovina. Ed ecco che dalle Smanie per la villeggiatura si arriva a S-manìe. Il nostro lavoro indaga il modo in cui il desiderio diventa una manìa, logorante, quello che una donna può essere disposta a fare per apparire come una delle donne più in vista della città. S-manìe indaga una tematica senza tempo, qualcosa che ha a che fare con la propria accettazione in società. Il lavoro parte da un punto di vista: quello di Vittoria. Tutto quello che accade e la relazione con gli altri personaggi sono il suo punto di vista, le relazioni sono legate alle sue smanie, le sue manìe, la sua invidia, le sue aspirazioni, i suoi modelli. È un lavoro al femminile, non solo perché i due corpi in scena sono femminili, ma perché il mondo di riferimento è quello della vanità, della sensibilità, della sensualità femminile. Quell’essere donna che si compone di eleganza, delicatezza, fragilità e al tempo stesso di un’incredibile forza, di una penetrante determinazione, di una stupefacente ferocia. Due donne, Vittoria e Giacinta, che anelano alla perfezione, a un primato assoluto. Un universo femminile in cui sotterranea serpeggia una presenza maschile, che pur nella sua assenza agiste per contrasto, come stimolo esterno, come condizionamento. Una messinscena semplice, atemporale, del tutto allusa. Un libero collage del testo, e altrettanto adattamento, manteniamo le parole di Goldoni, il suo linguaggio, per parlare di oggi.